Breve relazione sulla normativa del Patent Box
La Legge 190 del 2014 ha introdotto il cosiddetto Patent Box, un particolare regime fiscale volto ad agevolare lo sviluppo e la crescita del patrimonio intangibile e immateriale delle imprese mediante un sistema di detassazione del reddito proveniente da tali beni.
In particolare, il Patent Box prevede una tassazione agevolata sui redditi derivanti dai beni immateriali, fissando una deduzione dal reddito pari al 30% nel 2015, 40% nel 2016 e 50% nel 2017. Il Decreto Ministeriale (anzi vari decreti emessi dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze) ha definito e stabilito che il Patent Box può essere applicato ai seguenti beni:
Brevetti per invenzione industriale, sia concessi che in corso di concessione,
Brevetti o certificati per topografie, varietà vegetali e semiconduttori
Invenzioni biotecnologiche e certificati di protezione complementari,
Marchi di impresa, sia già registrati che in corso di registrazione, (non più possibile dal 2017)
Disegni e modelli,
Know-how giuridicamente tutelabile, Software protetti dal diritto d’autore;
I sopracitati beni possono essere utilizzati direttamente dall'impresa o concessi in uso a terzi. I beneficiari dell’agevolazione sono i soggetti titolari di reddito d’impresa, sia in forma individuale sia in forma di impresa. Sono, invece, esclusi dal regime di favore le società assoggettate alle procedure di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, a partire dall’esercizio di apertura della procedura. I soggetti che richiedono l'agevolazione devono svolgere attività di ricerca e sviluppo volta alla crescita, mantenimento e accrescimento di valore degli stessi beni immateriali. Il reddito imputabile a detti intangibili non viene tassato nella misura del 50%. Detto reddito, per le imprese che danno in uso gli immateriali ad altre imprese, è costituito dai canoni derivanti dalla concessione in uso, al netto dei costi fiscalmente rilevanti diretti e indiretti di competenza del periodo d’imposta.
L’opzione ha durata pari a cinque anni, è irrevocabile e rinnovabile. Ne consegue che l'azienda titolare, ad esempio, del brevetto può conseguire il beneficio derivante dal “Patent Box” senza limiti di tempo, fino a quando svolgerà attività di ricerca sull'intangibile. L’opzione riguarda il periodo d’imposta nel quale è comunicata e i successivi quattro.
In caso di utilizzo diretto dell’intangibile, l’impresa può beneficiare del regime opzionale fin dal periodo d’imposta in cui è presentata l’istanza di Ruling, purché la quota di reddito agevolabile relativa ai periodi d’imposta compresi tra la data di presentazione dell’istanza e la data di sottoscrizione dell’accordo sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di sottoscrizione dell’accordo.
Il Legislatore ha previsto che il beneficio fiscale è riconosciuto sia ai soggetti che concedono in uso a terzi i beni immateriali sia a quelli che li sfruttano direttamente, evitando discriminazioni tra gli uni e gli altri e incentivando le imprese allo sviluppo e all’utilizzo diretto del proprio patrimonio immateriale. A tal fine è però necessario svolgere una serie di attività volte a costruire un adeguato sistema di controllo delle dinamiche degli intangibili che permetta di individuare in modo diretto il collegamento tra costi di ricerca e sviluppo, beni immateriali e relativo reddito.
Per l’effettiva quantificazione del beneficio è necessario:
Determinare innanzitutto la quota di reddito derivante dall’utilizzo dell’immobilizzazione immateriale:
●in caso di utilizzo indiretto ovvero la concessione in uso a soggetti terzi, il reddito è costituito dai canoni derivanti dalla concessione in uso del bene al netto dei costi fiscalmente rilevanti;
●nel caso di utilizzo diretto è necessario individuare il contributo economico che tale bene ha apportato al reddito complessivo dell’impresa. Il reddito deve essere individuato attraverso la cosiddetta procedura di “ruling” la quale prevede la determinazione in via preventiva ed in contradditorio con l’Agenzia delle Entrate dell’ammontare dei componenti positivi di reddito (impliciti, derivanti dall’utilizzo diretto dei beni immateriali) e dei criteri per l’individuazione dei relativi componenti negativi.
E’ necessario calcolare la quota di reddito agevolabile, a cui applicare la percentuale di detassazione, sulla base del rapporto tra:
i costi di attività di ricerca e sviluppo, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per il mantenimento, l’accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale oggetto dell’agevolazione;
i costi complessivi, rilevanti ai fini fiscali, sostenuti per produrre tale bene.
L'impresa deve costruire un sistema di controllo di gestione che permetta di individuare il diretto collegamento fra i costi di ricerca e sviluppo, i beni immateriali realizzati e utilizzati e il relativo reddito prodotto, per ciascun bene.
La norma prevede inoltre una detassazione delle plusvalenze derivanti dalla vendita dei beni agevolabili nella misura del 90%, purché il corrispettivo sia reinvestito in attività di ricerca e sviluppo finalizzate al mantenimento e accrescimento di altri beni immateriali entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello della cessione (Si tratta di un regime di tassazione agevolata, nel senso che prevede l’esclusione di una quota dei redditi generati dall’utilizzo di beni immateriali, i quali avranno una parziale esenzione su IRES e IRAP.)
Individuato così il reddito agevolabile, sarà infine possibile calcolare la detassazione con le percentuali precedentemente indicate (40% per il 2016 e 50% per il 2017). Dal 2017 l’opzione potrà essere esercitata nella dichiarazione dei redditi e decorre dal periodo d’imposta al quale la medesima dichiarazione si riferisce.
L’esercizio dell’opzione è rilevante oltre che per la determinazione del reddito complessivo ai fini IRES ed IRPEF, anche a fini della determinazione del valore della produzione IRAP.
A titolo di esempio, se un'azienda concedesse in uso il proprio brevetto a terzi ottenendo una royalty del 10% sul fatturato e la società che utilizza il brevetto realizza vendite per 1 milione, i ricavi dell'azienda proprietaria del brevetto ammonteranno a 100 mila euro. Se i costi fiscalmente rilevanti riconducibili al brevetto siano pari a 10 mila euro, il reddito derivante dal bene immateriale sarà di 90 mila euro, da tassare solo, a regime, per 45 mila euro. Il risparmio sarà di circa 12 mila euro annuo. Generalmente possiamo, perciò definire che:
L'azienda proprietaria del brevetto conseguirà tale beneficio senza limiti di tempo, fino a quando svolgerà attività di ricerca sull'intangibile.
Per le imprese che utilizzano i beni immateriali internamente, invece, il reddito detassato è equivalente al reddito ottenibile qualora detti beni siano dati in uso ad altre imprese. Occorre, perciò, quindi individuare, per ciascun bene oggetto dell’opzione, il contributo economico che ha fornito lo stesso bene alla formazione del reddito o della perdita aziendale, alla stregua di un ramo d’azienda autonomo. La quota di reddito agevolabile è poi determinata sulla base del rapporto tra i costi di attività di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimento, accrescimento e sviluppo del bene immateriale e i costi complessivi aziendali.
L’azienda, nell’ipotesi di uso diretto, determina preventivamente la quota parte di reddito agevolabile in contraddittorio con l'Agenzia delle Entrate tramite la procedura di Ruling. Detta procedura consente di evitare di determinare discrezionalmente il reddito detassato e il rischio di subire rettifiche in una fase successiva.
Adottate le nuove disposizioni attuative del regime patent box. Il DM 28.11.2017, procede alla revisione (e alla sostituzione) del precedente DM 30.07.2015 in coerenza con le modifiche apportate al regime de quo dal DL n.50/2017
Il patent box
Il regime opzionale di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo di taluni beni immateriali (software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale, o scientifico giuridicamente tutelabili), noto come patent box, è stato introdotto nell’ordinamento italiano dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi da 37 a 45, legge n.190/2014, come modificati dall’articolo 5 del DL n.3/2015).
Le relative disposizioni di attuazione soso state adottate con il citato DM del 30.07.2015. L’ Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti e presisazioni sulla nuova disciplina con le circolari n. 36/2015 e 11/2016.
Con il provvedimento del 01.12.2015, l’Amministrazione ha poi definito le modalità di accesso, i termini e lo svolgimento della procedura di ruling (ex articolo 8, DL. n.269/2003) in materia di patent box. Successivamente, con il provvedimento del 6.05.2016, sono stati individuati gli uffici dell’Agenzia deputati alla gestione delle istanze di accesso alla procedura di accordo preventivo connessa all’utilizzo di beni immateriali.
Il DL 50/2017: l’esclusione dei marchi d’impresa
Allo scopo di allineare la disciplina del patent box alle linee guida Ocse e, in particolare, alle raccomandazioni contenute nel documento “Countering harmful tax practices more effectively, taking into account transparency and substance, Action 5 – 2015 Final Report”, l’articolo 56, comma 4, DL n.50/2017, ha apportato le seguenti modifiche al regime agevolato:
eliminazione dei marchi d’impresa dal novero dei beni immateriali agevolabili,
estensione delle disposizioni agevolative ai redditi derivanti dall’utilizzo congiunto di beni immateriali agevolabili, tra loro collegati da vincoli di complementarietà, finalizzati alla realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti o di un processo o di un gruppo di processi.
Il medesimo articolo 56 ha introdotto pure le necessarie norme primarie di coordinamento, prevedendo che le nuove disposizioni si applichino:
per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare,
per i periodi d’imposta per i quali le opzioni sono esercitate successivamente al 31.12.2016,
per i soggetti con esercizio non coincidente con l’anno solare, a decorrere dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, relativamente al quale le opzioni sono esercitate successivamente al 31 dicembre 2016.
Pertanto, le opzioni per l’applicazione del patent box esercitate successivamente al 31.12.2016, non possono più avere a oggetto i marchi d’impresa. Inoltre, è stato stabilito che le disposizioni previgenti continuano ad applicarsi, comunque non oltre il 30.06.2021, relativamente alle opzioni esercitate per i primi due periodi d’imposta successivi a quelli in corso al 31.12.2014 (clausola di grandfathering).
Il DM del 28.11.2017
Alla luce delle novità normative, si è resa necessaria una revisione della disciplina attuativa; pertanto, il DM del 28.11.2017 (adottato sulla base di quanto espressamente previsto dal comma 4 dell’articolo 56) sostituisce il DM 30 luglio 2015.
Il provvedimento, al pari di quello precedente, detta disposizioni in materia di:
ambito di applicazione (articolo 1)
soggetti beneficiari (titolari di reddito d’impresa – articolo 2)
soggetti esclusi (società assoggettate alle procedure di fallimento, liquidazione coatta e amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi – articolo 3)
modalità di esercizio e durata dell’opzione (cinque periodi d’imposta – opzione irrevocabile e rinnovabile – articolo 4)
operazioni straordinarie (articolo 5)
definizione di bene immateriale (software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale, o scientifico giuridicamente tutelabili – articolo 6)
tipologie di utilizzo agevolabili (utilizzo diretto e indiretto – articolo 7)
definizione di attività di ricerca e sviluppo (finalizzata allo sviluppo e al mantenimento, nonché all’accrescimento, dei beni immateriali – ricerca fondamentale e ricerca applicata, design, ideazione e realizzazione di software coperto da copyright, ricerche preventive – articolo 8)
determinazione della quota di reddito agevolabile (articolo 9)
reinvestimento del corrispettivo da cessione di beni immateriali (articolo 10)
tracciabilità delle spese e dei redditi (articolo 11)
procedura di ruling (articolo 12).
Negli articoli sopra indicati si è provveduto ad espellere il riferimento ai marchi d’impresa che sono stati esclusi dall’ambito oggettivo di applicazione del regime agevolato. Rispetto al DM 30.07.2015, il nuovo DM contiene due articoli in più: l’articolo 13 e l’articolo 14, rispettivamente dedicati alla disciplina della clausola di grandfathering e dello scambio d’informazioni per le opzioni sui marchi. Entrambe le disposizioni sono finalizzate a dettare le norme di coordinamento necessarie a gestire l’avvenuta esclusione dei marchi d’impresa e a tener conto del periodo transitorio.
Clausola di grandfathering
Attraverso tale clausola si mira a regolare il periodo durante il quale è possibile conservare i benefici secondo la disciplina previgente e, quindi, a salvaguardare le opzioni sui marchi d’impresa esercitate in precedenza. L’articolo 13, stabilisce che l’opzione esercitata per i primi due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31.12.2014 (2015 e 2016 per i soggetti “solari”) può avere a oggetto i marchi d’impresa (compresi quelli collettivi) sia che essi siano già registrati o in corso di registrazione. In tali casi, l’opzione dura cinque periodi d’imposta ovvero, se inferiore, fino al 30.06.2021 e non è rinnovabile. Coloro che hanno esercitato l’opzione avente a oggetto i marchi d’impresa, a partire dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2014 e per ciascun periodo d’imposta di efficacia dell’opzione, devono indicare nella propria dichiarazione dei redditi il numero dei beni a cui l’opzione si riferisce, la classificazione degli stessi e l’ammontare di reddito agevolabile a essi riferibile.
Nella stessa dichiarazione devono essere indicati i Paesi esteri in cui sono fiscalmente residenti:
la società che esercita il controllo sul soggetto che ha esercitato l’opzione,
la società che esercita il controllo indiretto sul soggetto che ha esercitato l’opzione che, a sua volta, è controllata esclusivamente dallo Stato o da altri enti pubblici o da persone fisiche ovvero non è controllata da alcun soggetto,
le società correlate dalle quali sono stati ricevuti compensi per lo sfruttamento dei marchi d’impresa oggetto dell’opzione.
Il comma 3 prevede, inoltre, che, per l’applicazione di quanto previsto dai commi precedenti, due soggetti si considerano correlati quando:
uno dei due detiene, direttamente o indirettamente, una percentuale pari almeno al 25% dei diritti di voto o dei diritti patrimoniali nell’altro
un terzo soggetto detiene, direttamente o indirettamente, una percentuale pari almeno al 25% dei diritti di voto o dei diritti patrimoniali in ciascuno degli altri due.
La quota di reddito agevolabile derivante dall’utilizzo dei marchi deve essere determinata secondo le regole ordinarie (articolo 9), includendo nel novero dei costi rilevanti anche quelli relativi alle attività di sviluppo dei marchi e a quelli sostenuti per le attività di presentazione, comunicazione e promozione degli stessi, nonché quelli afferenti alle ricerche di mercato.
Scambi di informazioni per le opzioni sui marchi
Infine, l’articolo 14 detta le modalità per garantire lo scambio spontaneo di informazioni relativo alle opzioni esercitate per i marchi d’impresa. Viene previsto che per i Paesi con i quali è in vigore lo scambio di informazioni, e che sono membri dell’Inclusive framework on Beps, l’Agenzia delle Entrate deve comunicare alle amministrazioni fiscali dei Paesi di residenza fiscale delle società controllanti e correlate il nominativo di ciascun soggetto che ha esercitato l’opzione per i marchi d’impresa. I nominativi devono essere comunicati entro tre mesi dalla ricezione della dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta in cui si è beneficiato dell’agevolazione derivante dall’utilizzo dei marchi.